Sono furiosa, ci fossi stata l'avrei convinta ad attendere quello che lei chiamava "Verità", l'avrei distratta con una citazione, una fetta di torta, puranche un caffè.
“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.
(Scriva tra parentesi che l’ha detta Kant!)
“Ho un temperamento che sente molto il bene e il male: vivere vuol dire soprattutto sentire dentro, in termini filosofici e metafisici. Ho avuto una vita grama, un po’ come Van Gogh, se penso alla sua vita mi ci rivedo.
La bellezza e la bontà mi hanno sempre commosso, perché ho sempre fatto il paragone con quello che a me ha riservato la vita.”
“Una cosa bella è il lago. Ha un fascino maggiore e diverso di quello del mare, suscita sentimenti più nobili.”
“Se penso a me come ad un albero mi viene in mente il cipresso: ha un tronco normale, poi si allarga, mi piace perché è essenziale. Per vederli bisogna andare al cimitero, che è il mio posto preferito perché regna la pace.”
“Se dovessi descrivermi con un colore penso al grigio perché è una parabola che scende verso il nero. E’ un colore tenue, non pazzo. Ci si può scrivere, e arrivare al nero è tutto un mistero. Il rosa è il colore dei “casini”. Non mi piace il marrone perché è un colore violento, è poco usabile, non ci si può scrivere sopra, mi ricorda la pesantezza della vita.”
“Sono nata a Como il 14 agosto 1931. La mia mamma era una brava sarta, è un fatto oggettivo, le sue clienti venivano anche da lontano. C’erano solo i vestiti per lei, erano sacri, ne era gelosa. Persino i ritagli di stoffa avanzati, piuttosto che regalarmeli, li bruciava. In casa se mancava un tessuto era un vero dramma.
Mio papà faceva il maestro, stava fuori di casa il più possibile per evitare mia mamma. Era un maestro cattivo con i suoi alunni: pensa che è stato maestro anche di un ospite di qui, prova a chiedere a lui.
Ho avuto anche un fratello, M., lui ha fatto la scuola per diventare perito chimico, a differenza mia che sono un’insegnante come mio padre. Mia madre ha sempre preferito lui ed è storica questa frase che lei rivolgeva a papà : “ io con il mio lavoro e il suo diploma l’ho messo a posto. Tua figlia con il suo diploma si può pulire il sedere”.
A scuola sono sempre stata brava e molte volte ho fatto copiare i miei compiti in cambio di una merendina. Suonava la campanella e all’intervallo ci si divertiva a scambiarsi le figurine. Giocavamo ai soliti giochi: nascondino, la corda… ma avevamo inventato un gioco in cui io ero campionessa, si chiamava “squicc!”.
Si prendeva un ramo di sambuco, doveva essere quello perché ha delle caratteristiche particolari, gli si toglieva tutta la parte interna e si veniva a formare una specie di stantuffo. Quando sulla punta del ramo si metteva un’oliva, si azionava lo stantuffo e… squicc!! L’oliva partiva!
Avevo anche una grande passione per gli animali, li preferivo alle bambole che non ho mai avuto.”
“La scuola mi piaceva, quegli anni mi ricordano quando mi dovevo sorbire il Carducci, il Dante e il Petrarca.
Ho il ricordo di una maestra che ho amato molto, ma è un ricordo lontano, di quando andavo alle magistrali: si chiamava Leda, veniva da Rovereto, era un’insegnante di ruolo. Mi è parso che solo lei abbia capito la mia sofferenza interiore. Ricordo che all’esame io ero terrorizzata, non volevo presentarmi. Lei si è avvicinata e senza aprire bocca, mi ha indicato una pagina del libro. Quello è stato l’argomento su cui mi ha interrogata all’esame. Non dimenticherò mai questo gesto del tutto gratuito.”
“L’amore non l’ho mai provato, io sono stata un po’ egoista, ho provato amore solo per chi mi ha trattato bene. Io non sono mai stata voluta per la mia depressione. Alle superiori mi sono un po’ aperta, ma ero sempre sul chi va là… quando avevo dei momenti di angoscia, avevo sempre con me “Lettere a un giovane poeta” di Rilke. Parlare con le compagne era sprecato, erano superficiali. Io avevo le cose materiali ma non erano quelle che mi interessavano.”
“Io ho sempre voluto fare la maestra, mi sarebbe piaciuto farla con i bambini molto piccoli, ma comunque sono riuscita a realizzare il mio sogno. Ho insegnato a I. ai bambini disabili si direbbe oggi, ieri si chiamavano “mutilatini”.
“Mi sono sempre sentita vigilata, controllata, ma che soddisfazione quando in totale disaccordo con mia mamma, ho tentato il concorso per poter fare la maestra e l’ho vinto! Ancora più bella è stata la sensazione che ho provato quando sono stata alla Banca d’ Italia per ritirare il mio primo stipendio; ho ancora nelle orecchie la voce dell’impiegato della banca.”
“I materiali pittorici non li amo perché non li ho mai avuti, li ho scartati anche alla scuola specialistica. Dovevo fare quattro ore di laboratorio e io mi sono buttata sulla tipografia, se ci fossero qui i materiali ti farei vedere…
Per gli odori ho ripugnanza perché dove lavoravo c’erano odori di ogni sorta, tutti negativi (sudore, cucina, medicine..), sentivo l’odore del fumo, a quindici anni i ragazzini della scuola cominciavano a fumare per farsi grandi. Sentivo il bisogno di aria pura e libera.
“Poi gli anni sono passati, l’insegnamento, le vacanze in montagna, negli alberghi però, di solito, andavo a Vetriolo in provincia di Trento. Io non amo molto viaggiare e non capisco quelli che visitano le città e per un po’ di sassi e di pietre rimangono a bocca aperta, io non ci vedo niente. Io sono simile al Leopardi che ha lasciato il colle solo per andare trovare l’amico Giordani.”
“Se dovessi scegliere un colore per rappresentare i miei sentimenti, sceglierei l’arancio. Un segno per esprimere l’amore è un cerchio arancio colorato all’interno…è un uovo che si schiude alla vita…”
“Ora sono qui, di giorno combatto contro i camici bianchi, la sera non la sfrutto, vado a letto presto, quando uscivo era per andare a un concerto di musica classica, una partita a carte... adesso leggo un po’ ma in genere sono stanca, sono diventata quasi analfabeta.”
“Ho paura della morte, è un mistero. Ogni cosa ha un diritto e un rovescio, lì non c’è mai stato nessuno, nessuno è mai tornato. Ho paura di non sapere, ci si può solo mettere con la testa piegata e provare a pensare. Ma l’amnesia a volte è utile perché lava il cervello da certe paturnie…”
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