lunedì 4 febbraio 2013

A.

L'avevo conosciuta molti anni fa, quando lavoravo nell'ospedale psichiatrico, poi l'avevo ritrovata con lo stesso sorriso candido e contagioso nella casa di riposo. E con la stessa voglia di inforcare qualsiasi porta aperta, e giustamente dopo trent'anni di porte chiuse. Era una solida contadina bresciana e quando voleva partire diceva che aveva da dare da mangiare ai maiali. Prendeva una federa o un foulard o un fazzoletto, faceva il suo fagotto e andava. Mi è capitato di doverla convincere a scendere da un cancello su cui si era arrampicata. Lei sempre sorridente.
Negli ultimi nove anni il figlio, l'ultimo sopravvissuto di tre, è venuto a trovarla una volta, una vigilia di natale, ubriaco fradicio.
Non è stato facile rintracciarlo sabato per dirgli che era morta sua madre e la sua prima preoccupazione è stata che non aveva i soldi per il funerale: che non lo scocciassi troppo.
Ah, bon, allora s'è beccato un piccolo accenno al fatto che sua madre aveva sostanze sue per pagarsi il funerale ma non l'informazione che sul libretto ha più di centomila euro, quindici anni di pensione accantonata. Lo scoprirà quando, nei prossimi giorni, gli consegnerò il libretto, ma solo dopo aver prodotto una montagna di carte.
I fiori li ho pagati io.

1 commento:

  1. Chissà se la signora nel suo perseverare a voler dare da mangiare ai maiali non conservasse il confuso ricordo di dover garantire il cibo ai propri figli...amen e che sia finalmente un riposo di pace!bacimaf

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